Memoria spedita da/Memory sent by: Carlo.Giabbanelli il 8.8.2008
File multimediali allegati a questa memoria/Multimedia files enclosed to this memory: alcatraz 82 - image
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Chiunque
può scrivere le sue memorie su Connected Memories _ Connected
Memories è un tentativo di interpretare esteticamente le
nostre memorie e la memoria in generale.
Nota: i testi che si inseriscono possono essere corretti, ma non
cancellati
English
Anyone can write their own memories on Connected_Memories. Connected_
Memories is an attempt to aesthetically interpret our memories and
memory in general.
Note: the inserted texts can be corrected, but not cancelled |
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riferimento temporale/time reference : 1982 estate
PAZ!
Estate 88: fu quando ebbi l’invasione delle pulci in casa, mi lasciai con la Stefania e morì Pazienza. Venti anni fa tondi tondi.
Molti hanno conosciuto Pazienza e anch’io, modestamente, lo conobbi. A riprova ne allego foto.
Era il 1982, ad Alcatraz, la libera università di Jacopo Fo. Mi ero iscritto ad un corso di fumetto quasi solamente perché sapevo che sarebbe venuto anche Pazienza. Come ogni primadonna che si rispetti, lui arrivò per ultimo, dopo diversi giorni di lavoro con Munoz, Sampayo, Jacopo Fo, Vincino, Scozzari. Un dopocena si era visto anche Manara in logorroica autocelebrazione.
Mancavano due giorni alla fine del corso, era un accecante pomeriggio d’estate. Stavamo tutti riparati al fresco, in casa, intorno a un tavolone lungo e disegnavamo. Sapevamo che Pazienza stava arrivando e la tensione era palpabile.
A un tratto, controluce, compare lui nel riquadro della porta: è a torso nudo, abbronzato, con due vistosi sfregi sul ventre muscoloso; capelli neri ricci e barba di una settimana; porta un paio di pantaloni larghi blu elettrico con tasche e toppe e scarpe da ginnastica bianche con lo strappo (all’epoca molto alla moda; ora le mettono i bambini che non sanno fare i nodi). Fa un sorriso imbarazzato mostrando denti bianchissimi:
“Salve rhagazzi (ha l’erre moscia), io mi chiamo Andrhea...”
Come se non lo sapessimo! Spiazzati da tanto understatement, noi, che fino a un attimo prima eravamo indecisi se prostrarci o lanciare un triplice hip hip urrà, rispondiamo “ciao” in ordine sparso senza alzare la testa.
Lui si guarda un po’ intorno, poi chiede carta e pennarello. Mi butto a pesce e vinco la gara: è mio l’onore di fornirgli gli strumenti. “Forse li metterò in una teca” penso tutto emozionato. Nel frattempo Pazienza si è messo a disegnare per conto suo, senza dire una parola; noi lo spiamo con discrezione. Fatti due scarabocchi si stufa, appallottola il foglio e lo butta in un angolo, poi si alza, mi rende carta e pennarello e se ne va. (Più tardi, con finta noncuranza, andrò a recuperare il prezioso foglietto che ancora conservo gelosamente.) Un po’ delusi ci guardiamo l’un l’altro pensando che forse c’è qualche problema.
Ma quella sera a cena Pazienza si scatenò e facemmo conoscenza col suo lato brillante. Era un affabulatore scoppiettante e torrentizio ed esibiva con leggerezza una notevole cultura eclettica. Non poteva fare a meno di sedurre chi aveva intorno, infatti si concedeva con generosità in cambio di benevolenza, ingombrante e festoso come un cucciolone di Sanbernardo. Era molto simpatico e mi parve, fondamentalmente, una brava persona oltre che un genio.
Ricordo che, tra mille cose, ci raccontò che il suo primo disegno identificabile, verso i tre anni, era stato un orso. Io, in principio, avevo capito “osso”, per via dell’erre moscia, e non mi pareva una grande impresa; invece un orso... beh!
'AGGANCIA' a questa una tua memoria / 'HOOK' to this memory a memory of yours
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