Memoria spedita da/Memory sent by:
calvin
il 14.9.2005




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riferimento temporale/time reference : 40anni fa


Piombo

In ogni paese che si rispetti c’era, e sicuramente c’è ancora, il “matto”, o “lo scemo del paese”.
Il mio paese era fortunato, ne aveva tre, (me escluso).
Io li ho conosciuti tutti.
Mi sono trovato a pensarci qualche giorno fa e ho avuto la voglia di fissare un po’ di ricordi, affettuosi, su queste persone. Per questo sono qui a scriverne.
Mario, detto “Piombo”, “Adriano” e il “Martini”.
Non so se ancora sono tutti ancora vivi. Il “ Martini” si, perché ultimamente l’ho visto in circolazione.
Oggi parlo di Mario detto “Piombo”
Mario l’ho conosciuto appena arrivato in paese, quando avevo 7/8 anni.
Lui aveva un’età indefinita, poteva avere 18anni come 30. Era grassoccio, occhi bovini un po’ persi nel vuoto, una perenne, leggera bava sul labbro cascante.
Non so da cosa derivasse il soprannome “Piombo” . Ho creduto fosse il cognome, fino a che non morì e vidi sui manifesti il cognome vero.
Era buono, anzi buonissimo. Era rimasto un bambinone con un corpo di adulto.
Giocava con noi ragazzi e noi, spietatamente, come sanno esserlo i bambini, lo prendevamo in giro. Mai niente di veramente cattivo, ma non esitavamo a prenderci gioco di lui e lui si arrabbiava raramente.
La maggior parte del tempo che stava con noi giocavamo a “figurine”.

Do per scontato che tutti sappiano cosa siano le “figurine”. Sicuramente i maschi della mia generazione lo sanno. Si, le figurine, quelle dei calciatori degli album Panini. Quelle: …….celo, celo, celo, celo……manca.
Non so se da altre parti si chiamassero così, ma al mio paese si chiamavano: le “figurine”.
C’erano tanti giochi che si facevano con le figurine : “muretto”, “vola”, “bianco/nero”, “quanti?”, ecc. (non me li ricordo tutti…peccato), e tutti finalizzati a vincere più figurine possibile ( i doppioni naturalmente) per poi scambiarli con quelle mancanti.
Ricordo che andavamo con le tasche piene di mazzi di figurine legati con l’elastico.
C’erano anche le Bis-valide e le tris-valide, ma non mi ricordo assolutamente a cosa servissero.

Comunque chiudo questa digressione disordinata e torno a parlare di Piombo.

Giocare con Piombo “a figurine” era una pacchia e cosa ambita da tutti perché riuscivamo a fregarlo in ogni maniera.
Giocare con lui voleva dire tornare a casa con un bel malloppo o, direi meglio, maltolto.
Confesso che anch’io approfittavo della situazione e me ne vergogno. Solo una volta mi ribellai e litigai con tutti perché stavano esagerando e gli stavano fregando tutto.
Fu una delle ultime volte che giocavo a figurine. Nel ricordo di questo episodio ho la sensazione che quei giochi fossero al tramonto.
Altri interessi stavano prendendo il sopravvento.
Il calcio. Anzi “il pallone”.

Ho pochissime altri ricordi di Piombo.
Soprattutto, la sensazione che fosse una persona sofferente, ma necessaria al paese, necessaria a noi ragazzi.
Come misura della nostra normalità.

E poi immagini varie.
Lo rivedo in bicicletta che passava dalla strada sterrata vicino casa mia.
Lo rivedo, con suo padre, nell’orto che confinava col mio.
Ricordo la sua voce grossolana e impastata di saliva, e gli “sputazzi” che spargeva quando si arrabbiava e parlava troppo in fretta per essere capito.
Ricordo le voci circolanti in paese che dicevano fosse picchiato da suo padre.
Ricordo la pena e la tenerezza che mi faceva quando sentivo queste cose.
Ricordo che un po’(forse troppo poco) mi pesavano in tasca quelle figurine che gli fregavo al gioco.

Poi un giorno mentre era in bicicletta fu investito da un’auto.
Morì pochi giorni dopo e la cosa non lasciò indifferente nessuno del paese.
Era un pezzo di paese.
“Piombo” era “Piombo”.
Anzi………. Mario.




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